Il Consiglio direttivo della Banca Centrale Europea questa settimana ha deciso un ulteriore rialzo dello 0,25% del livello dei tassi ufficiali, portando al 4,25% il tasso sui finanziamenti principali. L’obiettivo è contenere la crescita dei prezzi che resta ancora elevata e lontana dal 2% auspicato. La moneta è parte integrante della nostra vita quotidiana: è ciò che guadagniamo, risparmiamo e spendiamo. Il suo valore condiziona in maniera rilevante le nostre scelte ed i livelli di benessere economici. Le banche centrali hanno l’obiettivo di mantenere stabili i prezzi, ossia preservare il valore della moneta tenendo sotto controllo l’inflazione. Riuscirà la BCE a raggiungere l’obiettivo prefissato? Quali strumenti ha a disposizione per farlo? Cosa ha già fatto e cosa potrebbe fare in futuro?
Come fanno le banche Centrali a controllare il livello dei prezzi?
Le banche centrali hanno diversi strumenti per influenzare il “prezzo” della moneta nell’economia. Lo fanno attraverso quella che viene definita politica monetaria, controllando l’offerta e il prezzo della moneta, ossia emettendo banconote ed erogando liquidità (sotto forma di prestiti) a favore delle banche e fissando i tassi di interesse di riferimento:
- maggiore offerta di moneta e tassi di interesse più bassi stimolano la crescita economica e favoriscono un rialzo dei prezzi quando essi rimangono troppo stabili a lungo o tendono addirittura a ridursi;
- minore offerta di moneta e tassi di interesse più alti aiutano a contenere l’inflazione, ma hanno come contropartita quella di rallentare la crescita economica.
Il processo attraverso il quale le banche centrali e le loro azioni influiscono sul costo del denaro, sui volumi dei prestiti e, in ultima analisi, sul livello dei prezzi è noto come meccanismo di trasmissione della politica monetaria. Lo strumento principale utilizzato è rappresentato dal livello dei tassi ufficiali, noti anche come tassi di riferimento: quelli della BCE sono tre, ma il più noto è il tasso sulle operazioni di rifinanziamento principali, ovvero il tasso applicato alle regolari operazioni di rifinanziamento condotte dalla Banca Centrale Europea quando fornisce liquidità al sistema bancario. Infatti, i tassi applicati dalla BCE alle banche, condizionano i tassi ai quali le banche erogano prestiti ad imprese e famiglie e più in generale il livello dei tassi sul mercato.
Cosa è successo all’inflazione ed al livello dei tassi negli ultimi anni?
Passando dalla teoria generale all’attualità, dopo anni in cui l’inflazione si è mossa tra lo zero ed il 2% e la preoccupazione principale della BCE è stata evitare che fosse troppo bassa, a partire dal 2021 si è assistito ad un fortissimo e rapidissimo rialzo dei prezzi (vedi grafico sotto). L’inflazione ha addirittura superato il 10%, sostenuta prima dalle difficoltà del sistema produttivo di fornire i beni e servizi richiesti da imprese e consumatori a causa del Covid e poi dal rialzo dei prezzi energetici conseguenti allo scoppio della guerra in Ucraina.
L’elevato livello di inflazione ha spinto la Banca Centrale Europea ad intervenire per cercare di contenere la progressiva perdita di valore della moneta. Il processo di rialzo dei tassi è stato intensissimo (come illustrato nel grafico sotto). Il tasso di finanziamento principale è stato alzato di oltre 4 punti percentuali in un solo anno (il primo rialzo dopo anni di tassi zero è avvenuto il 27 luglio del 2022).
Secondo alcuni economisti l’intervento è stato così duro anche perché tardivo, in quanto la BCE aveva inizialmente sottostimato il livello atteso di crescita dei prezzi. Secondo altri l’incremento dei tassi è stato inutile poiché l’incremento dell’inflazione è stato per gran parte causato dal rialzo dei prezzi energetici conseguente allo scoppio della guerra in Ucraina. Sta di fatto che l’inflazione sta rapidamente calando anche grazie al rialzo dei tassi, ma non è detto che questo processo sarà altrettanto intenso e rapido in futuro.
Cosa succederà all’inflazione ed al livello dei tassi nel prossimo futuro?
Difficile rispondere a domande di questo tipo. Per farlo possiamo partire dalle previsioni della stessa BCE. Le stime dello scorso giugno prevedono in Europa un’inflazione media annua pari al 5,4% nel 2023, al 3% nel 2024 e al 2,2%nel 2025. Il processo di “rientro” dell’inflazione sembra dunque destinato a proseguire, ma in maniera sempre più lenta. La presidentessa Christine Lagarde ha detto esplicitamente che nella prossima riunione di settembre i tassi potrebbero essere alzati ancora o essere mantenuti fermi, ma che una pausa a settembre non vorrebbe dire che questa sarebbe definitiva. Insomma, la stessa BCE non ha dato certezze ed ha espresso dubbi sulle prossime mosse. I mercati finanziari scontano che il livello dei tassi sia vicino a quello massimo e che al più si potrà assistere ad un ulteriore incremento dello 0,25% in autunno. Tutto dipenderà dai prossimi dati su inflazione, mercato del lavoro e crescita economica. Quello che sembra certo è che i tassi dovrebbero restare a lungo su livelli prossimi a quelli attuali, almeno fino alla fine del 2024, quando l’inflazione dovrebbe avvicinarsi all’obiettivo del 2%, ma è arduo fare previsioni, soprattutto sul futuro!

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