Quali sono i Paesi più felici al mondo? Cosa rende felice un Paese e le persone che lo abitano? Il World Happiness Report 2023, pubblicato qualche giorno fa, prova a fornirci una fotografia aggiornata sul tema e stila una classifica internazionale sulla base proprio di questo fattore, che può sembrare tanto vago quanto difficile da misurare, ma che finisce per condizionare la percezione della qualità della nostra vita in maniera determinante.
Quali sono i Paesi più felici al mondo e quelli che lo sono di meno?
Al primo posto, per il sesto anno consecutivo, svetta la Finlandia, seguita da Danimarca ed Islanda, rispettivamente al secondo e terzo gradino del podio virtuale dei Paesi più felici al mondo. Chiudono la classifica Sierra Leone, Libano ed Afganistan che secondo il sondaggio sono i Paesi più infelici, colpiti dalla guerra e da condizioni sociali di grande tensione. Qui sotto è riportato l’elenco dei Paesi che occupano le prime posizioni della classifica con il relativo punteggio totale che va da un massino di 10 ad un minimo di 0.
E l’Italia come si posiziona? Il nostro Paese è al 33° posto, subito dopo la Spagna e prima del Kosovo. Rispetto al report del 2022 perdiamo 2 posizioni e ben 8 rispetto a quello del 2021, quando eravamo al venticinquesimo posto.
Cosa rende felice un Paese e le persone che lo abitano?
Il modo naturale per misurare la felicità di una nazione è chiedere a un campione di persone rappresentativo a livello nazionale: “quanto sei soddisfatto della tua vita in questi giorni?” Tuttavia, occorre anche chiedersi quali condizioni materiali, sociali e di governo producano una società in cui le persone godono mediamente di un maggiore benessere. Il report indaga su sei fattori che secondo i ricercatori influenzano in maniera determinante il livello di felicità:
- il Pil pro-capite, ovvero il reddito medio degli abitanti calcolato come rapporto fra il PIL totale di un Paese ed il numero degli abitanti
- l’aspettativa di vita sana, ovvero di vivere a lungo in buona salute e senza disabilità;
- il sostegno sociale, ovvero la possibilità di ricevere adeguato aiuto da parenti ed amici in caso di necessità;
- la possibilità di fare scelte di vita in piena libertà;
- la generosità personale, ovvero la propensione a donare danaro a chi ne ha bisogno;
- il livello di corruzione percepita, sia in ambito politico che economico.
Dunque, una popolazione sperimenterà alti livelli di soddisfazione generale della vita se gli individui vivono in una situazione di prosperità economica, sono fisicamente sani, hanno la possibilità di scegliere liberamente cosa fare della propria vita, hanno una percezione di scarsi livelli di corruzione, vivono in un ambiente sociale che li supporta in caso di necessità e sono essi stessi generosi verso il prossimo. A ben vedere, alla base dell’indagine vi è l’idea che la felicità di una popolazione sia collegata non solo alla dimensione individuale, ma ad una più ampia dimensione sociale, sulla quale anche i governi possono incidere attraverso politiche adeguate.
Come ha efficacemente detto Jeffrey Sachs, condirettore del Wellbeing Program presso la London School of Economics e coeditore del rapporto: “L’obiettivo finale della politica e dell’etica dovrebbe essere il benessere umano. Il movimento della felicità mostra che il benessere non è un’idea ‘morbida’ e ‘vaga’, ma piuttostosi concentra su aree della vita di importanza critica: condizioni materiali, ricchezza mentale e fisica, virtù personali e buona cittadinanza. Dobbiamo trasformare questa saggezza in risultati pratici per ottenere più pace, prosperità, fiducia, civiltà – e sì, felicità – nelle nostre società”.

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