In un momento di mercato nel quale stiamo assistendo a variazioni al rialzo dei tassi di interesse e dell’inflazione, molti investitori in titoli di Stato italiani si domandano se possa essere opportuno scegliere di investire in strumenti diversi dai più comuni BTP (titoli di Stato a tasso fisso), prediligendo titoli quali i CCT (titoli a tasso variabile) o i BTPi (titoli indicizzati al livello di inflazione). Quali i criteri per fare la scelta giusta?
Innanzitutto, è bene premettere che prima di effettuare la scelta di cui innanzi, è opportuno fissare la quota del proprio patrimonio da destinare all’obbligazionario (ovvero ai titoli cosiddetti di debito). Dopo aver individuato tale percentuale, è necessario distinguere quale parte di essa dedicare ai titoli di società private e quale alle obbligazioni pubbliche ed, al suo interno, quanto debba essere rappresentato dai titoli di Stato italiani. Solo dopo aver effettuato tutti questi passaggi, è possibile porsi la domanda di quale tipologia di titoli pubblici emessi dal nostro Paese sia opportuno prediligere. Nel fare questa scelta, è necessario avere ben chiare le caratteristiche delle singole tipologie di titoli in modo da massimizzare i rendimenti a scadenza, senza dimenticare che ogni scelta finanziaria deve tenere in considerazione anche l’altra faccia del rendimento: il rischio.
Le caratteristiche dei differenti titoli di Stato
Per compiere una scelta consapevole, occorre innanzitutto capire al meglio le caratteristiche dei differenti titoli di Stato presi in considerazione: BTP, CCT e BTPi. Soffermandoci in questa sede sulle tipologie di remunerazione, queste potrebbero essere sintetizzate in modo estremo in: fisso, variabile indicizzato ai tassi interbancari a breve termine, variabile indicizzato all’inflazione.
I BTP sono titoli di Stato a tasso fisso della durata compresa generalmente fra i 3 ed i 30 anni (ma ne esistono di più lunghi e sul mercato è possibile comprare titoli di una scadenza inferiore ai tre anni emessi in precedenza). Sebbene il tasso fisso possa apparire rassicurante per la maggior parte degli investitori, proprio tale caratteristica rende questi titoli, soprattutto quelli con maggiore durata, particolarmente sensibili alle variazioni dei tassi di mercato. Infatti, se i tassi salgono rapidamente, questi titoli tendono a perdere di valore, “scalzati” dalla concorrenza delle nuove emissioni a tassi più convenienti. Ne sanno qualcosa tutti gli investitori che, spesso in maniera inconsapevole, hanno incautamente acquistato titoli con scadenze molto lunghe lo scorso anno e che negli ultimi mesi stanno subendo forti perdite in conto capitale. Dunque, i BTP hanno la controindicazione di soffrire in caso di rialzo dei tassi esponendo i loro acquirenti a perdite potenziali in caso di necessità di smobilizzo anticipato dei titoli.
I CCT sono titoli, con durate generalmente comprese fra i 3 ed i 10 anni, il cui rendimento varia ed è pari all’Euribor a 6 mesi (ovvero il tasso al quale le banche si scambiano denaro a quella scadenza), maggiorato di uno spread fissato ad ogni emissione che solitamente oscilla fra 0,50% e 1,50%. Questa caratteristica li rende particolarmente interessanti in un contesto di rialzo dei tassi, poiché il rendimento offerto tenderà a salire al crescere dei tassi interbancari di breve termine, che sono fortemente correlati a quelli ufficiali stabiliti dalla BCE (la Banca Centrale Europea). Inoltre, la prospettiva di un aggiornamento costante dei tassi, rende più stabile il loro prezzo rispetto a quello dei BTP.
I BTPi, sono anch’essi titoli a medio-lungo termine, ma il loro tasso è composto da un rendimento fisso al quale si aggiunge il livello di inflazione nel corso della loro durata. In caso di inflazione crescente, compensano l’investitore con un rendimento più elevato, ma sono comunque sensibili ad un forte rialzo dei tassi come i BTP “ordinari”, soprattutto per i titoli di scadenza più lunga.
Quale tipologia di titolo scegliere?
In realtà la scelta dipende, come accennato innanzi, non solo dalle prospettive di andamento di tassi ed inflazione, ma anche dal livello di rischio che si è disposti a correre: i CCT hanno livelli di rischiosità inferiori ai BTP, come si può notare dal grafico sotto che confronta il rendimento negli ultimi 3 anni delle tre tipologie di titoli di Stato con scadenza compresa fra ottobre e novembre 2024. Quanto al rendimento, uno scenario di rialzo dei tassi con un’inflazione in contrazione potrebbe favorire i CCT, mentre potrebbero preformare meglio i BTPi in caso di ulteriore rialzo dell’inflazione su livelli attualmente inattesi. In caso di rendimenti stabili o in ribasso con un’inflazione calante, i BTP ordinari sono invece quelli che vedrebbero i migliori rendimenti. Nel caso in cui gli spread (ovvero il rendimento aggiuntivo richiesto ai titoli di Stato italiani per compensare il maggiore rischio rispetto a titoli più solidi come quelli tedeschi) dovessero salire, tutte e tre le tipologie di titoli finirebbero per soffrire, esponendo gli investitori a perdite potenziali in conto capitale.
Come si può notare, la scelta corretta non è semplice perché richiede di prevedere l’incerto andamento di variabili macroeconomiche. Ma vi è un ulteriore elemento di complicazione che spesso finisce per indurre in errore gli investitori non professionali: i prezzi di mercato ed i rendimenti solitamente già incorporano le attese sui livelli dei tassi ufficiali, l’andamento dell’inflazione e degli spread, ma sono le loro variazioni inattese a fare solitamente la differenza. Se ne è accorto chi, ad esempio, ha acquistato BTP collegati all’inflazione quando a marzo di quest’anno è stato chiaro, dopo lo scoppio della guerra, che l’inflazione non sarebbe stata così temporanea come ipotizzato qualche mese prima: in quel momento, infatti, i prezzi avevano già incorporato un’inflazione permanentemente più alta ed oggi si ritrovano con perdite in conto capitale rilevanti (come si può osservare dal grafico sopra), pur essendo l’inflazione realmente rimasta su livelli molto elevati. Lo stesso dicasi per i CCT, sebbene oggi possano sembrare la scelta più conveniente in fase di rialzo dei tassi, occorre considerare che i BTP a tasso fisso hanno già in gran parte incorporato questa prospettiva: ad esempio, il CCT con scadenza ad ottobre 2024 del grafico incorpora un rendimento annuo del 1,30% al ai tassi euribor attuali, che potrebbe salire all’1,60% considerando il più alto livello atteso dei tassi euribor nei prossimi mesi, ma che resta comunque inferiore all’1,80% del BTP di analoga durata e maggior rischio atteso. Solo in caso di rialzo dei tassi euribor più consistente di quello attualmente scontato dal mercato, l’opzione di acquistare un CCT si rileverebbe più conveniente.
Come è possibile notare, le scelte sono più complesse di quanto appaiano e, come al solito, il consiglio è di diversificare evitando scelte troppo “forti” e di farsi assistere dal proprio consulente o di dedicare tempo allo studio dell’argomento andando oltre le poche righe di questo articolo.

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