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Il livello estremamente basso dei rendimenti obbligazionari, in particolar modo dei titoli di stato, sta spingendo molti investitori ad allungare la durata dei titoli acquistati per incrementare il rendimento atteso a scadenza. Qual è il principale rischio di tale strategia?

Negli ultimi anni, a causa delle politiche monetarie estremamente espansive portate avanti dalle banche centrali di tutto il mondo per favorire la ripresa economica, si è assistito ad un progressivo ribasso dei rendimenti obbligazionari, soprattutto quelli relativi ai titoli di stato dei paesi più solidi. Oggi investire in un titolo di stato tedesco non risulta remunerativo per gli investitori che, al contrario, si vedono riconoscere un tasso negativo (chi volesse approfondire meglio il perché può leggere il mio articolo 21 novembre 2020 “E se dovessi pagare per prestare soldi’ Il mistero dei tassi negativi ai tempi del Coronavirus”). Anche i titoli di stato italiani negli ultimi anni sono stati caratterizzati da una costante riduzione dei rendimenti che ha portato in territorio negativo il tasso dei titoli a breve termine e a livelli assai contenuti il tasso di quelli a lungo termine. Oggi un BTP, ovvero un titolo di stato italiano a tasso fisso, con durata 10 anni offre un rendimento atteso a scadenza pari allo 0,70%, uno a 30 anni remunera con un “misero” 1,50%. A causa dei rendimenti negativi o molto bassi sulle scadenze più brevi, molti investitori hanno progressivamente allungato la durata dei titoli sottoscritti o acquistati sul mercato, probabilmente sottovalutando il rischio di una simile strategia. Il principale rischio a detenere un’obbligazione a lungo termine è il cosiddetto rischio tasso. Esso è legato alla variazione dei tassi di interesse nel corso del tempo, variazione che può avere ripercussioni molto forti sul prezzo dei titoli acquistati.

Per comprendere al meglio il rischio tasso, è opportuno fare un esempio. Supponiamo che un investitore italiano sottoscriva oggi 10.000 euro di un BTP a 10 anni con un rendimento a scadenza pari allo 0,70% annuo. Questo vuol dire che se dovesse detenere il titolo di stato in portafoglio fino alla scadenza, con l’eccezione del caso in cui il debitore dovesse risultare insolvente, il rendimento complessivo a scadenza sarà pari proprio allo 0,70%. Al di là di considerazioni sulla convenienza di tale operazione, è opportuno riflettere sul fatto che i rendimenti nel corso del tempo tendono a variare: è probabile che fra un anno il rendimento di un titolo analogo sarà diverso. Ad esempio, se per effetto della ripresa economica i tassi di interesse dovessero salire dell’1% rispetto a quelli attuali, quale impatto avrebbe questa variazione sul prezzo del titolo acquistato oggi? Poiché è immaginabile che fra un anno nessuno voglia acquistare per 10.000 euro un titolo con rendimento pari allo 0,70% se può sottoscriverne uno all’1,70%, è probabile che l’unico modo per invogliare a farlo sia offrire un sostanzioso sconto sul prezzo per compensare il minor guadagno futuro. Tale sconto (mi si consenta l’approssimazione) sarà all’incirca pari al guadagno al quale l’acquirente rinuncia comprando il nostro titolo, anziché quello di nuova emissione: poiché nel nostro esempio la durata residua è pari 9 anni, sarà probabile che a fronte di un mancato guadagno del 9% fino a scadenza (1% per 9 anni), l’acquirente sia disposto ad acquistare la nostra obbligazione a circa 9.100 euro. Dunque, in questa ipotesi il prezzo del titolo potrebbe perdere circa il 9% del suo valore. Come è graficamente illustrato sotto, se i tassi delle obbligazioni salgono i loro prezzi di mercato scendono. Questo è quello che si intende per rischio tasso.

La discesa dei prezzi sarà tanto più marcata quanto maggiore è il rialzo dei tassi e quanto più lunga è la durata del titolo sottoscritto in quanto cresce proporzionalmente il “danno” che riceve l’acquirente del titolo di vecchia emissione ormai non più conveniente.

In realtà, esiste un indicatore in grado di misurare in maniera precisa il rischio tasso che prende il nome di duration modificata. Questo indicatore ci consente di calcolare la sensibilità del prezzo di un titolo al variare dei tassi di interesse, misurando di quanto varia il suo prezzo ad un ipotetico variare istantaneo dei tassi.  Ad esempio, una duration modificata pari ad 8 ci dice che un rialzo dei tassi dell’1% potrebbe comportare un ribasso dei prezzi dell’8%. Analogamente un rialzo dei tassi del 2% potrebbe comportare un ribasso dei prezzi del 16%, uno dello 0,5% del 4%.

Come è evidente, è fondamentale che ogni investitore, prima di acquistare un titolo, si confronti con il proprio consulente che dovrebbe essere in grado di indicare la duration del titolo che si vuole acquistare. La sua determinazione è indispensabile per una valutazione accurata del rapporto fra rischio e rendimento di un titolo obbligazionario e per fare un confronto con titoli alternativi, in modo da poter valutare se inserirlo in portafoglio. A puro titolo indicativo, un BTP a 10 anni attualmente ha una duration modificata pari circa a 9 ed uno a 30 anni pari a circa 20. Di ciò sono consapevoli tutti coloro che li hanno sottoscritti?