Le differenze di genere in campo economico rappresentano ancora una questione cruciale, anche nelle società moderne più evolute. Nonostante i progressi fatti in molte aree negli ultimi anni, il divario tra uomini e donne nel mercato del lavoro e nella partecipazione economica rimane significativo, influenzando la crescita economica ed il benessere sociale più di quanto si possa immaginare. Dunque, non si tratta solo di ridurre disparità moralmente ingiuste, ma di un fenomeno che penalizza il benessere economico collettivo dell’intera popolazione.
Le principali differenze in capo economico fra uomini e donne
Diversi sono i campi nei quali si evidenziano le differenze di genere in campo economico:
- La partecipazione al mercato del lavoro. Le donne tendono a partecipare meno al mercato del lavoro rispetto agli uomini. Secondo l’Organizzazione Internazionale del Lavoro (OIL), il tasso globale di partecipazione femminile è inferiore al 50%, contro oltre il 70% per gli uomini.
- Il divario retributivo (il gender pay gap). Le donne guadagnano in media circa il 6% in meno rispetto agli uomini per retribuzione media oraria in posizioni lavorative simili, con variazioni che tendono ad ampliarsi in maniera significativa tra i laureati (17%) ed i dirigenti (31%).
- L’accesso ai ruoli di leadership. La rappresentanza femminile in posizioni dirigenziali di leadership rimane bassa. Ad esempio, solo il 21% delle donne ricopre ruoli in organi decisionali manageriali.
- 4. La segregazione settoriale: le donne sono sovrarappresentate in settori meno remunerativi, come istruzione (75%) e sanità (71%), e sottorappresentate in settori spesso più redditizi come quelli tecnologici e ingegneristici, contribuendo al così al divario retributivo evidenziato innanzi.
Una recente indagine Ipsos, commissionata dal Dipartimento delle Pari Opportunità presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, evidenzia un’Italia ancora fortemente caratterizzata da disuguaglianze di genere negli ambiti di lavoro, famiglia, istruzione e accesso al potere. L’idea diffusa è che si siano fatti passi avanti nella condizione femminile, ma che la discriminazione di genere e gli stereotipi che l’accompagnano siano ben lungi dall’essere superati soprattutto in due ambiti specifici: il mercato del lavoro e la sfera familiare, soprattutto in presenza di figli. L’Italia sembra essere giudicata un paese in grado di garantire eguale accesso ad istruzione (67%) e cure (66%) a uomini e donne, ma incapace di garantire uguaglianza di genere per quanto riguarda l’accesso al lavoro (27%), e il conseguimento di una giusta remunerazione per il lavoro svolto (27%).
Peraltro, i dati Istat confermano che non solo il tasso di occupazione femminile è più basso di quello maschile, ma che le donne fra i 25 e 49 anni con figli mediamente lavorano di meno di quelle che non hanno figli (si veda il grafico sotto)
Le cause delle differenze di genere
È complesso elencare ed analizzare tutte le cause delle differenze di genere in campo economico. Quelle ritenute più rilevanti secondo le analisi effettuate sono legate a:
- gli stereotipi di genere collegati a fattori culturali che limitano le opportunità economiche delle donne, influenzando le scelte educative e di carriera;
- il carico di lavoro domestico e la cura dei figli che ricade prevalentemente sulle donne, le quali finiscono mediamente per dedicare più tempo rispetto agli uomini alle attività di cura della casa e dei familiari, riducendo il tempo disponibile per il lavoro retribuito;
- le barriere educative e formative, che evidenziano differenze di genere soprattutto nei gradi più elevati di istruzione o in alcuni settori formativi: sebbene le donne abbiano superato gli uomini in molte aree dell’istruzione, persistono divari nei campi STEM (scienza, tecnologia, ingegneria, matematica) che oggi sono a maggiore crescita;
- le discriminazioni dirette e indirette all’interno delle politiche e pratiche aziendali che possono sfavorire le donne a causa della mancanza di congedi parentali adeguati; in altri casi, proprio a possibilità che le donne possano usufruire dei diritti a loro concessi in quanto madri, le rende per le aziende potenzialmente meno produttive e più discontinue in campo lavorativo.
Gli impatti economici delle differenze di genere
I principali impatti economici della discriminazione femminile sono rappresentati da:
- la perdita di produttività, derivante dall’utilizzo parziale del potenziale femminile nel mercato del lavoro, rappresenta una perdita economica ingentissima riducendo il Pil potenziale e quello reale dell’economia ed incidendo in maniera rilevante sul benessere economico collettivo;
- la minore diversità di genere riduce la eterogeneità di vedute nell’ambito delle decisioni economiche e aziendali, con un impatto negativo sull’innovazione e la competitività;
- la minore natalità collegata alla difficoltà di conciliare aspirazioni lavorative e vita familiare quando l’ambiante che finisce per contribuire ad uno nei maggiori problemi dei paesi sviluppati, quale la crisi demografica;
- le disuguaglianze intergenerazionali, anch’esse favorite dalle differenze di genere che rafforzano le disuguaglianze sociali e limitano le opportunità per le generazioni future.
Le possibili soluzioni alle differenze economiche di genere
Non esistono soluzioni facili per problemi complessi e radicati come quello in esame, ma una serie di azioni su piani differenti, da quelli culturali a quelli legislativi, che è possibile attuare quali:
- le politiche di educazione e sensibilizzazione sulla parità fra uomini e donne, che rappresentano il primo passo per limitare gli stereotipi di genere e, pur avendo efficacia solo nel lungo termine, rappresentano il punto di partenza per ogni possibile riduzione delle disuguaglianze;
- l’equa distribuzione del carico di lavoro domestico e della cura dei figli rappresenta un ulteriore aspetto sul quale agire, sia dal lato culturale che in campo lavorativo, favorendo i congedi parentali condivisi ed alternativi per entrambi i sessi;
- la formazione fino ai livelli più elevati rappresenta un ulteriore passo verso la parità di genere, che va rafforzata anche favorendo la partecipazione delle donne nei campi STEM ed il loro ingresso nei settori più remunerativi ed a più forte crescita ( ad esempio attraverso borse di studio e programmi di formazione dedicati);
- le politiche di parità retributiva volte ad introdurre misure per garantire parità di salario a parità di lavoro e competenze;
- le politiche volte a favorire la conciliazione degli impegni lavorativi con quelli familiari, ad esempio attraverso la possibilità di lavorare in remoto, di usufruire di asili nido e di orari prolungati nelle scuole pubbliche, in modo da limitare l’abbandono del mercato del lavoro da parte delle donne.
Conclusioni
Le differenze di genere in campo economico non sono solo una questione di giustizia sociale, ma anche un’opportunità per migliorare la crescita e la prosperità globale. Colmare questi divari richiede l’impegno congiunto di governi, aziende, società civile e innanzitutto di ciascuno di noi individualmente, perché i benefici sarebbero enormi per tutti.

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