In caso di morte, gli eredi del defunto devono pagare l’imposta di successione sui beni che ricevono in eredità. Chi è tenuto a versare questa imposta? A quanto ammonta? Come fare per ridurne l’impatto complessivo sugli eredi?
A quanto ammonta l’imposta di successione?
L’imposta di successione si applica al trasferimento di beni per successione a causa di morte ed è pari ad una data percentuale del valore dei beni ricevuti in eredità, con alcune esclusioni e applicando delle franchigie (ovvero sottraendo al valore dei beni un determinato importo). L’attuale normativa prevede aliquote e franchigie differenziate a seconda del grado di parentela tra defunto ed erede (o della condizione personale dell’erede nel caso sia portatore di handicap) con aliquote più basse e franchigie più elevate per i parenti più stretti. I valori delle franchigie e delle aliquote sono riassunti nella tabella che segue:
Va precisato che le franchigie vanno calcolate per erede e non sul patrimonio complessivo. Ad esempio, se un genitore lascia in eredità in parti uguali a tre figli un patrimonio 1.500.000 euro, la franchigia non risulta superata per nessuno di essi in quanto il valore dei beni ereditati da ciascun erede è pari a 500.000 euro. Inoltre, è bene ricordare che le donazioni fatte in vita dal defunto contribuiscono ad erodere la franchigia: pertanto, dal suo importo va sottratto il valore dei beni a suo tempo donati, rivalutati come se la donazione fosse stata fatta al momento dell’apertura della successione.
Ulteriori imposte in caso di immobili
Se tra i beni della successione vi sono degli immobili, si applicano due ulteriori imposte per le quali non valgono le franchigie sopra indicate:
- L’imposta di trascrizione, detta anche ipotecaria, nella misura del 2% del valore attribuito agli immobili o nella misura fissa di 200 euro se sussistono le condizioni per usufruire delle agevolazioni prima casa;
- L’imposta catastale nella misura dell’1% del valore attribuito agli immobili o nella misura fissa di 200 euro se sussistono le condizioni per usufruire delle agevolazioni prima casa.
Per il calcolo del valore degli immobili, occorre utilizzare le rendite catastali (per i fabbricati) e il reddito domenicale (per i terreni) e moltiplicarli per determinati coefficienti per ottenere il valore minimo da inserire in dichiarazione.
Beni non compresi nell’attivo ereditario
Vi è un lungo elenco di beni che non concorrono a formare l’attivo ereditario quali, ad esempio:
– il TFR (l’indennità di fine rapporto) e le prestazioni erogate dai fondi di previdenza complementare;
– i veicoli iscritti al pubblico registro;
– i titoli di Stato o equiparati, ivi compresi i titoli di Stato emessi dagli Stati appartenenti all’Unione europea;
– i piani di risparmio a lungo termine (conosciuti con la sigla PIR);
– le indennità corrisposte ai beneficiari di polizze vita in quanto essi non ricevono la prestazione assicurativa iure proprio (per diritto proprio), in base alla promessa dell’assicuratore di pagare quanto stabilito alla morte dell’assicurato e non per successione ereditaria;
– le aziende o i rami di aziende, le quote sociali o le azioni a favore dei discendenti e del coniuge, a condizione che i beneficiari proseguano l’attività di impresa o ne detengano il controllo per un periodo non inferiore a 5 anni dalla data del trasferimento.
Occorre peraltro ricordare che, per agevolare il “passaggio generazionale” delle aziende italiane, che assai frequentemente hanno una struttura familiare, si è introdotto nel codice civile il “contratto del patto di famiglia” che andrebbe sfruttato da quegli imprenditori che tale passaggio vogliono pianificare al meglio.
Come ottimizzare l’impatto fiscale
Come è evidente dalle poche indicazioni fornite innanzi, patrimoni di dimensioni analoghe possono subire trattamenti fiscali assai differenti ai fini dell’imposta di successione a seconda della composizione del patrimonio e della qualità degli eredi: ad esempio, lo stesso immobile ha trattamenti fiscali differenti se intestato direttamente al defunto o detenuto tramite un veicolo societario; l’utilizzo delle polizze vita come strumento di investimento può influire in modo determinante sull’ammontare dell’attivo ereditario; una attribuzione dei beni agli eredi, differenziata in base al grado di parentela o alla quota di eredità spettante, potrebbe ottimizzare l’utilizzo delle franchigie ed evitare la frammentazione del patrimonio dopo il decesso. Purtroppo, nella stragrande maggioranza dei casi si evita di realizzare un’adeguata pianificazione successoria, un po’ per scaramanzia, un po’ per mancanza di conoscenza degli enormi benefici che da essa possono derivare, un po’ per l’assenza di figure di riferimento in grado di guidare al meglio il contribuente in questo difficile percorso. Il consiglio è rivolgersi per tempo al proprio consulente e chiedere a lui un primo supporto in questo processo complesso, ma necessario se si vogliono tutelare al meglio i propri cari, e poi dedicarsi a vivere perché, come ricorda Benigni, “morire non mi piace per niente, è l’ultima cosa che farò!”.

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